22 dicembre 2011

Muretti di gomma

Penso che sia una nuovo (ma neanche più tanto) ruolo aziendale: il muretto di gomma. ovviamente anche nell'ufficio dove lavoro ce n'è uno. Gerarchicamente è un livello sopra a me, il che fa si che ogni richiesta (non necessariamente per il mio interesse, molto più spesso per il buon funzionamento dell'ufficio) debba passare da lui. E lui non dice praticamente mai di no, ma assolutamente mai si muove per far si che cambi qualcosa. La sua tattica preferita è ovviamente prendere tempo, e le tecniche che adotta più spesso sono due: il cavillare su dettagli irrilevati, e l'istituire un collegamento (del tutto inesistente nella realtà) tra la questione di cui si parla ed un qualche altro argomento, per poi arrivare a richiedere approfondimenti sul secondo. E così alla fine tutto si trova impantanato e tutto resta com'è.
Una curiosità, il mio personale muretto di gomma è politicamente schierato, e il suo partito è il PD. Non sorprende, vero?

14 dicembre 2011

Ad Evanston

L'altra sera, dopo lunga gestazione, ho finalmente messo online un racconto che si intitola "Ad Evanston" (che trovate qui), su questo racconto ho lavorato a lungo, avendolo iniziato quest'estate. Quando l'ho iniziato credevo di parlare di un futuro prossimo, ma in termini di qualche anno, dopo gli eventi degli ultimi giorni mi viene però un dubbio: siamo già ad Evanston?

12 dicembre 2011

Come si smonta la bestia?

Un post così non so da che parte cominciarlo, perchè un conto è sapere che la bestia si sta risvegliando, un'altro è vederla azzannare. E sabato sera a Torino ha azzannato duro (vedi qui).
M,a dato che la bestia è così pericolosa, per quanto ci ripugni, non ci si può permettere di non guardarla bene, di non studiarla in ogni dettaglio per capire come smontare il mostro che è stato costruito. Perchè l'odio razziale è stato costruito. Prima da governi, opposizioni e campagne di stampa, poi man mano che diventava più facile anche dall'uomo qualunque. Però questo è stato, adesso come ne usciamo? Perchè io faccio proprio fatica a cercare i capire come può ragionare (sempre che sia il termine giusto) una persona che va a una manifestazione come quella di sabato (sottolineo: che va a quella manifestazione, non solo chi ha materialmente dato fuoco al campo), anche se cerco di farlo (che già non è facile, preferirei andare a svuotare a mano un pozzo nero) non so da dove si comincia. Eppure si deve. Qualcuno ha idea di come?

P.S: A conferma di quel che ho scritto sopra, ho dovuto lottare per convincermi che l'etichetta giusta era 'inPiazza', in quanto manifestazione, qualcosa in me si rifiutava di accostare questo agli altri post in quella categoria. Cercavo un altro posto, invece, purtroppo, deve stare lì.

9 dicembre 2011

Adelante (con demasiado juicio)

Il movimento cui mi riferisco nel titolo è quello notav. Ho già scritto sull'argomento (in altra forma) in questo post, ora cerco di spiegare meglio una parte delle cose che mi hanno dato fastidio.
Sono stato all'assemblea che aveva deciso (credevo avesse deciso) tempi e modi delle manifestazioni del weekend dell'immacolata, avevo preso atto del fatto che per l'8 dicembre si era deciso di fare due manifestazioni e, nei giorni successivi, avevo deciso di partecipare a quella di Susa. Non per timore che in quella della val Clarea accadessero violenze, perchè la polizia come le attua lì le può attuare altrove, ma perchè da luglio ripeto che abbiamo ogni interesse di toglierci dall'angolo in cui loro vogliono giocare la partita, che visto che aspettano una nostra mossa facciamola dove è meglio per noi, non per loro. Per la prima volta vedo indetta una manifestazione che imbocca quella strada, sarei un ipocrita a non esserci. Ok, direte, ma dov'è il punto? Il punto è che sono uscito da quell'assemblea con la convinzione che la manifestazione di Susa si facesse per causare il massimo fastidio possibile alla Sitaf, ero uscito pensando di partecipare ad una manifestazione che doveva partire alla mattina alle 9, e verosimilmente essere in autostrada entro le 11, già un po' tardi per prendere la massa degli sciatori, ma pazienza.
Nelle due settimane dall'assemblea all'8 dicembre la manifestazione viene ritardata di un'ora, e già non mi piace, poi la partenza reale tarda di quasi un'altra ora, e quando si parte ci si muove con una lentezza eccessiva persino per un corteo, tanto che si impiegano 2 ore per percorrere meno di 3 km. Finalmente si arriva all'autostrada, ma invece di entrarci dal lato dell'uscita lo si fa da quello dell'ingresso, lasciando di fatto libero lo svincolo ,e riducendo di molto il fastidio creato. In più, una volta entrati, alle ormai poche auto che si trovano lì, non viene nemmeno imposto di uscire dall'autostrada, ma le si lascia proseguire per la loro strada. Insomma, a me è sembrato che si sia fatto di tutto per creare il minimo e non il massimo danno possibile alla Sitaf, quasi che si volesse dimostrare che l'unico punto in cui si riesce di fare qualcosa di reale sia la val Clarea.
Nella marcia del 23 ottobre, ad un certo punto, si è deciso di rinunciare almeno per quel giorno al tentativo di tagliare delle reti, ritenendo sufficiente aver violato la zona rossa e raggiunto la baita. Nell'assemblea di preparazione delle manifestazioni dell'8 è stato detto, a proposito del 23, che quel giorno si è dimostrato che con quella modalità di manifestazione più di tanto non si può fare, e che quindi per raggiungere qualche risultato se ne deve adottare una diversa. Ovviamente questo non è vero (che quel fatto dimostri quella teoria), ma ho il timore che alla prossima assemblea sentirò dire le stesse cose riguardo al portare la protesta lontano dalle reti.

Blues della confusione

Cose che non mi sono piaciute in un 8 dicembre a piedi in autostrada. Ce ne sono anche state di buone, ma quando qualcosa non va metterlo a posto subito e meglio.
Più avanti magari scrivero un post più ragionato, per ora mi viene da dirle così.

Blues della confusione
blues dell'indecisione
di non capire più
qual è la situazione

Blues del partir tardi
blues del passo lento
di arrivare quando ormai
non si è più un impedimento

Blues delle cose che ci si è prese
e di quelle concordate
blues del non capire più
come le si è avute

Blues dell'assemblea
blues del coordinamento
di decisioni cambiate chissà dove
che non ti lasciano contento

Blues di una televisione
blues dell'organizzazione
della coincidenza di tempi
tra fuochi artificiali e trasmissione

Blues di un falò stanco
vicino ad una barricata
blues di chi non è contento
di come ha speso la sua giornata

7 dicembre 2011

Bujanen

'Quelli che non si muovono'. E' il soprannome dei torinesi.
Il termine nasce con una connotazione positiva, nasce dalla battaglia dell'assietta del 19 luglio del 1747, in cui i piemontesi, in grande svantaggio numerico, rifiutarono di eseguire un ordine di ritirata, riuscendo poi per avere la meglio sui francesi. Non passa molto tempo però prima che il termine torni al suo significato letterale (pigro, indolente), e purtroppo si addice tremendamente bene al comportamento del torinese, non importa se di stirpe o acquisito. A primavera, mentre a Milano con Pisapia e a Napoli con DeMagistris almeno si tentava una correzione di rotta, abbiamo eletto sindaco al primo turno la prosecuzione (vogliamo dire l'ombra? avrebbe anche il phisique du role) di Chiamparino.
Torino è la città italiana con il più alto debito pubblico procapite (olte 4000 euro a testa), buona parte dei torinesi lo sa, ma sembra che non gli importi. Per tappare un po' il buco la giunta comunale ora ha deciso di vendere il 40% dell'azienda dei trasporti, di quella dei rifiuti e di quella che gestisce l'inceneritore (chi se ne frega se c'è stato un referendum in cui ha vinto chi non lo voleva), e ben pochi ci trovano da ridire. Magari a parole si, ma di fare qualcosa, fosse anche solo andare in piazza a protestare, non se ne parla.
Adesso è arrivata la prima mazzata dal governo Monti, così dura che persino CISL e UIL hanno aderito allo sciopero di lunedì, e a Torino alla manovra Monti si somma qualla Marchione, ci sarebbe di che essere tutti in piazza. Spero di essere smentito, ma temo non sarà così.

23 novembre 2011

Piccoli passi avanti

Nel 1969 Giuseppe Pinelli fu ingiustamente accusato di strage e poi morì cadendo da una finestra di un commissariato di Milano. Subito dopo la sua morte ufficiali di polizia dichiararono che si era suicidato, e che questo confermava la loro ipotesi che fosse il colpevole della strage di Piazza Fontana. In seguito è stato accertato che all'ora dell'attentato lui era altrove, e la sentenza del processo per la sua morte, pur contenendo stranezze, come il chiamare in causa un 'malore attivo' ancora sconosciuto alla medicina, chiarisce che non è suicidato.
Nel 2011 Alessandro Lupi ha riportato varie fratture al volto a causa di un lacrimogeno sparato verso di lui (o forse verso la sua macchina fotografica?) dalle forze dell'ordine che presidiano il cosiddetto 'cantiere' di Chiomonte. Nei giorni successivi su varie mailing list girano mail di un sedicente Alessio (alexis at libero.it), che da successive indagini risultano provenire dal server de 'La Stampa', in cui si suggerisce che si sia procurato le fratture al volto cadendo da solo (provateci voi, se ci riuscite). Dopo aver sporto denuncia contro ignoti per diffamazione Alessandro riceve una mail, contenete numerosi riferimenti alle precedenti e scritta con lo stesso stile, in cui il mittente chiede scusa se eventualmente lo ha offeso, e ammette che è possibile che si sia sbagliato. Solo che la mail non proviene da alexis at libero.it ma dalla mail del giornalista Massimo Numa presso 'la Stampa', noto per le sue posizioni sitav. Curiosa coincidenza, vero?
L'accostamento delle due notizie non vuole essere legato alla parentela dell'attuale direttore de 'La Stampa' (che ha dichiarato su twitter 'sto cercando di capire', speriamo ci riesca), figlio del commissario che allora accusò Pinelli e che lo aveva in custodia, è solo un modo di dire che in 42 anni sono stati fatti alcuni piccoli passi avanti. Per chi si accontenta.

17 novembre 2011

Santo subito (anche da vivo)

Su twitter spuntano ovunque ovazioni al nuovo capo di governo, senatore Mario Monti. E' ovvio che, visto chi l'ha preceduto, qualunque persona minimamente dignitosa possa sembrare un enorme miglioramento, però  in quest'esaltazione acritica io rivedo le stesse ragioni che hanno portato al disastro Berlusconi. Perchè, televioni o no, conflitto di interessi o no, comunque è un fatto che Berlusconi è stato in grado di fare i danni che ha fatto perchè milioni di italiani lo hanno votato, fidandosi di lui. E ora si fidano di Monti.
Ma Monti è un'altra cosa, si sente dire ovunque. Ovviamente i due non sono uguali, ma un importante (e preoccupante) tratto comune io lo vedo.
Di Berlusconi già sappiamo, nel '92 dichiarò che doveva scendere lui in campo perchè on c'erano più politici in grado di difendere i suoi interessi, e a questa linea si è sempre attenuto. Tutti lo sapevano, infatti ogni volta che si discuteva con qualcuno che l'aveva votato sul perchè l'avesse fatto la risposta era inveriabilmente "se è stato tanto bravo a fare i soldi con Fininvest (poi Mediaset) sarà altrettanto bravo a farli per l'Italia".
E Monti? Lui di certo non  è proprietario di televisioni (nè di altre grandi aziende, per quanto mi risulta), ma è stato fino all'altro giorno uno dei più importanti consulenti della Goldman Sachs, ovvero di una delle banche che hanno causato la crisi economica mondiale investendo sempre al massimo rischio, certi di essere troppo grandi per fallire. E hanno avuto ragione, infatti gli Stati Uniti si sono svenati per salvarli. Dopo il salvataggio, ovviamente, la banca non ha cambiato molto la sua politica, infatti, come dice questo articolo pare ci siano proprio lei dietro l'ultimo (per ora) attacco ai conti italiani, quello che ha costretto Berlusconi alla resa. Insomma, anche Monti, come Berlusconi, da privato cittadino ha tolto soldi agli italiani per farli guadagnare all'azienda per cui lavorava (non era di sua proprietà, ma non la vedo come una grande attenuante). E i ministri del suo governo o vengono da esperienza analoghe (come Passera, ex Amministratore delegato di Intesa-SanPaolo) o si affrettano a produrre dichiarazioni preoccupanti (vedi qui , da notare che il ministro Cini prima di quest'incarico era uno dei dirigenti dell'ente nazionale per l'energia atomica).
E allora perchè tanti festeggiano questo nuovo governo? Forse perchè pensano che se Monti è stato tanto bravo a fare i soldi con la Goldman Sachs sarà altrettanto bravo a farli per l'Italia?
Lo so che sono cambiate le decorazioni, ma un altro giro della stessa giostra no. Perfavore.

14 novembre 2011

Cemento armato improvvisato

Stamattina, ascoltando il giornale radio (raidue), sento la notizia dell'irruzione della polizia in una favela di Rio per catturare dei trafficanti di droga, nella notizia la cosa che mi colpisce di più è un dettaglio: secondo la giornalista i trafficanti per difendersi "hanno improvvisato delle barricate di cemento armato"
Ora, avendoci messo un po' mano, nell'edilizia, io so che preparare una gettata di cemento armato richiede un certo tempo, dopodichè il cemento ha bisogno di alcune ore per solidificarsi, e di almeno una settimana per poter essere considerato minimamente robusto (per capirsi, abbastanza da camminarci sopra se è il un pavimento). Quindi mi chiaedo quanto è durato questo assalto delle forze di polizia per permettergli di 'improvvisare' barricate in cemento armato?
Ora, magari a qualcuno questa può sembrare solo una polemica inutile su un uso errato di un termine, ma secondo me non è così. Non è così perchè quello delle barricate 'improvvisate' è solo un dettaglio, quindi non è necessario alla notizia, quindi se lo si riporta lo si fa con un'intenzione precisa, tantopiù se la notizia ha uno spazio limitato come in questo caso. Ma se la notizia non è vera (in questo caso non lo è nè se le barricate non esistevano nè se erano preparate da tempo, e quindi in ogni caso) questo significa che si mente intenzionalmente. Ora, questo falso io l'ho scoperto, ma chissà quanti mi sono bevuto? Quanti ve ne siete bevuti voi?

8 novembre 2011

La metropolitana di Torino

I mezzi pubblici io li uso quando piove, se è asciutto preferisco la bicicletta. Oggi, ovviamente, mezzi pubblici. Mezzo chilometro a piedi per arrivare alla stazione Racconigi (pullman che fanno quel tragitto non ce ne sono, neanche a volerli prendere), passo gli somodissimi cancelli elttrici, che in stazioni più affollate della mia causano lunghe code, scendo le scale e, arrivato alla banchina, sento annunciare che il servizio è sospeso 'per cause tecniche'. Non dovrei stupirmene, a Torino succede ad ogni pioggia di qualche rilevanza, la stazione Porta Susa ha aperto 5 anni in ritardo perchè non si riuscivano a bloccare le infiltrazioni d'acqua nemmeno quando non pioveva, però il problema è che, da quando è in funzione la metropolitana, in corso Francia non ci sono più autobus che fanno lo stesso percorso, quindi quando la metro si blocca addio mezzi pubblici. Per fortuna stavolta il servizio è ripartito, sono risceso alla piattaforma, ho lasciato passare i primi 3 treni, troppo pieni per salirci (su come sono stati disegnati i vagoni, strettissimi, si potrebbe aprire un lungo discorso ma rimando), finalmente, sul quarto, spingendo si riesce a salire, e in qualche modo la si sfanga. Dagli altri passeggeri vengo a sapere che il blocco questa volta è durato solo un quarto d'ora.
La domanda però rimane: che utilità ha un trasporto pubblico che si blocca appena piove? I miliardi spesi per realizzare questa unica linea, molto comoda per chi gli abita o lavora vicino, inutile per la maggior parte dei torinesi, non sarebbero stati spesi meglio per comprare qualche centinaio di autobus ecologici e pagare i relativi autisti?

6 novembre 2011

Teleriscaldamento

Ieri ero a cena da un mio amico architetto, che si occupa anche di certificazioni energetiche degli edifici. Quando ha saputo che nel mio condominio c'è il teleriscaldamento mi ha raccontato un anedotto sull'argomento.
Mi ha spiegato che lui, come ogni certificatore energetico, nello stilare la sua relazione sull'efficienza energetica di un edificio, deve anche riempire una casella con una valutazione dell'efficienza del generatore di calore. I valori che normalmente si attribuiscono possono andare dal 70% di una caldaia particolarmente vecchia, all'80% di una media, fino al 95% delle più moderne caldaie a condensazione. In piemonte per gli impianti di teleriscldamento in quella casella si deve scrivere 100%, per legge, anche se questo è contrario ad ogni minima norma di buon senso (ma se non bastasse il buon senso esistono dimostrazioni scentifiche del fatto che nessuna macchina reale può essere perfetta, ovvero raggiungere il 100% di efficienza, meno che mai le macchine termiche).
Quindi si deve scrivere 100%, sulla fiducia. Il mio amico ovviamente lo fa, ma essendo curioso è da quando fa questo lavoro (un po' più di due anni) che cerca di scoprire quale sia la vera efficienza energetica del teleriscaldamento. Ha provato chiedendo via mail alla IRIDE (predecessore dell'IREN che ora gestisce il teleriscaldamento in Piemonte) e a voce ad alcuni funzionari della stessa IREN, del comune e della regione, ma non è mai venuto a conoscenza di quel dato. Questo fino a qualche settimana fa, quando un suo collega gli ha detto che il dato di efficienza medio del teleriscaldamento è del 25,6% (considerando in questo anche il trasporto del calore dalla centrale fino al condominio da riscaldare), cioè meno di un terzo di una caldaia normale.
Pur essendo abbastanza intuitivo che il rendimento debba per forza esssere più basso di quello di una buona caldaia (è inevitabile che una parte del calore si disperda per strada) un dato così basso gli sembrava strano, così ha chiesto al collega chi gli avesse fornito il dato "l'IREN" è stata la risposta "E come hai fatto a fartelo dire?" "Gli ho scritto una mail" "L'ho fatto anch'io, ma non mi hanno risposto" "Si, però io ho messo in copia Guariniello"
Carino come aneddoto vero?

31 ottobre 2011

Melancholia

Sabato sera sono andato a vedere questo film. Come d'abitudine di Von Trier un film molto lento ma che descrive in modo estremamente preciso e dettagliato i suoi personaggi, in questo caso due sorelle, e le loro reazioni emotive a quel che gli accade. Solo che in questo caso quello che gli accade è senza senso, non perchè non possa in assoluto succedere, anche se è improbabile, ma perchè se in nessun caso potrebbe succedere nel modo descritto nel film, modo che (senza spiegare troppo per non togliere nulla a chi, nonostante questo post, volesse ancora vederlo) è imprescindibile per gli sviluppi psicologici dei personaggi. E allora mi viene da chiederemi, perchè fare un film così? Perchè si pensa che la realtà dei fatti non valga la pena di essere presa in considerazione? Nemmeno per verificare se la propria idea ha un senso oppure no?
E' un peccato perchè nel film non mancano dei passaggi genialli, a volte anche comici, novità recente per Von Trier, però immerso in quel contesto privo di senso non resta nulla

24 ottobre 2011

Da Roma a Chiomonte

Da Roma a Chiomonte la distanza è di circa ottocento chilometri, oppure di otto giorni. O forse di anni luce, dipende dai punti di vista.
Questo post è dal mio punto di vista, di me che a Roma ero andato tranquillo, per partecipare ad una manifestazione che pensavo forse non troppo incisiva ma sicuramente rilassata, e a Chiomonte invece ero partito preoccupato. Questo sicuramente adombra dei dubbi sulle mie capacità di previsione, ma dato che questo post è un'analisi e non una previsione potete continuare a leggere.
Domenica ero preoccupato non per quanto era successo otto giorni prima, e ancora meno per quanto avevano scritto o detto i media mainstream. Per capire che in val Clarea non si sarebbe ripetuto quanto successo a Roma bastavano due cartine (o anche due cartoline) dei due luoghi e un po' di cervello. A Roma per chi voleva far cambiare tono alla manifestazione con attacchi immotivati c'era un bersaglio possibile ogni tre metri, a Chiomonte ce n'era uno solo, ed era quello su cui puntava l'intero corteo, ovvero il non-cantiere. Non valeva nemmeno la pena di chiedersi se chi ha incendiato macchine a Roma aveva intenzione di andare in val Clarea. Se ci fosse andato (o se ci è andato) non poteva trovare modo di esercitare la sua voglia di prevaricazione, gliene sarebbero mancati gli strumenti.
Questi erano i motivi oggettivi per cui anche chi non sapesse nulla del movimento notav, o anche di nessun movimento, non avrebbe dovuto preoccuparsi per domenica. Poi, secondo me, ce ne sono un altro paio, di cui sono convinto ma che non posso dare per dimostrati.
Il primo è il fatto che la manifestazione di domenica aveva un obiettivo chiaro e impegnativo. Essendo chiaro non lasciavva spazio a chi volesse infilarsi negli spazi che l'indeterminazione apre necessariamente all'improvvisazione, e anche alla forzatura, essendo impegnativo poteva essere condiviso anche da chi pensa che non si possa ripetere in eterno lo stesso tipo di manifestazione quando il tuo interlocutore ti ha detto chiaro e tondo che del tuo parere non gliene frega niente. Perchè comunque anche andare alla più tranquilla e banale delle marce costa tempo e fatica e se succede che, non senza ragioni, inizi a pensare che non serva, difficilmente continui ad andarci, o rinunci o cambi modo di protestare.
L'altro motivo della mia confidenza è la storia del movimento notav, il fatto che non sia una giustapposizione, più o meno improvvisata, di grossi blocchi (come l'organizzazione della manifestazione di Roma,per capirsi)  ma un insieme di individui e piccoli gruppi che prima si sono riuniti su un  obiettivo limitato e poi, avendone il tempo, sono cesciuti assieme, il che riduce di molto il rischio che quacuno ritenga più importante mettersi in vetrina che non fare quello che serve, o può servire.
Quello che, da prima del 15 ottobre, mi preoccupava della manifestazione era la scelta. Ero e sono convinto che in questo momento quella manifestazione di disobbedienza civile sia stata la scelta giusta, per quanto potevo ho anche cercato di convincere gli indecisi e di far cambiare idea ai contrari, ma questo sicuramente non diminuiva i timori personali. Perchè annunciare che si compierà un'azione che è considerata reato, specificando anche dove e quando, e poi andare a farla davvero, avanzando a volto scoperto verso le videocamere, o verso lacrimogeni, idranti e manganelli non lascia tranquilli. E il sapere che la scelta della risposta è in mano a persone dotate di grande acume tattico, come hanno dimostrato ieri lasciando che un centinaio di carabinieri rimanesse su un ponte, chiuso fra due gruppi ognuno di più di mille persone non aiuta la tranquillità. Insomma, sono convinto che tagliare le reti era (e resta, visto che non l'abbiamo ancora fatto) la cosa giusta da fare, ma questo non la rende facile.
A questa preoccupazione nell'ultima settimana se ne sono aggiunte altre, soprattutto per tutta la pressione che ci è stata messa addosso. Giovedì scorso in un'assemblea Alberto Perino ha detto che domenica il movimento notav si sarebbe giocato molto, ma io penso che la posta in gioco fosse ancora più alta di quanto si è detto quella sera, perchè dopo le proposte antimanifestazione del ministro Maroni (dal DASPO, alle fidejussioni, ai divieti di corteo a Roma), e soprattutto dopo il silenzio-assenso della quasi totalità del parlamento (e fin qui ci siamo abituati) e soprattutto delle grande maggioranza dell'opinione pubblica, il rischio di cancellazione del dissenso era molto alto. Oggi penso lo sia leggermente meno, perchè fortunatamente venerdì c'è stata una prima risposta (un piccolo corteo della FIOM a Roma ,che stando ai regolamenti non avrebbe dovuto essere, eppure è stato) e poi domenica c'è stata la seconda, in Val Clarea. Un fiume di persone (diciamo 10000? Qualcuno in più o qualcuno in meno cambia poco) che tutte hanno commesso un reato, a volto scoperto, sapendo quel che facevano e quel che rischiavano, e che così hanno detto chiaro e forte che non esistono zone inviolabili, e che, come dovrebbe essere ovvio, più si espande una zona rossa meno la si può difendere. Il che, di questi tempi, va considerato una gran buona notizia.

17 ottobre 2011

Sabato a Roma

Avevo pensato di iniziare il blog con post di argomento leggero, ma non sarà così perchè sabato ero a Roma, alla manifestazione.
Lasciando perdere quello che riportano tv e giornali, che serve solo a dimostrare come non solo non vogliano, ma forse non siano nemmeno più in grado di prendere contatto con la realtà, anche in rete trovo racconti totalmente diversi da quello che ho visto e pensato io. Siccome alcuni sono fatti da persone di cui mi fido, e quindi non li ritengo invenzioni, devo pensare che quello che ognuno ha vissuto sia totalmente diverso a seconda di dove si trovava, così scrivo anche il mio racconto. Non per negare quelli diversi, ma per completarli.
All'inizio della manifestazione parto con lo spezzone Notav, ma con loro faccio poca strada, dopo duecento metri di via cavour io e i quattro che sono con me ci sfiliamo per veder passare un pezzo di corteo e aspettare lo spezzone del Valle Occupato. La gente è davvero tanta, dopo un'ora e mezza di persone che passano non se ne vede ancora la fine, l'atmosfera è allegra, anche se un gruppetto che sfila a volto coperto con bastoni in mano e aggredisce chi cerca di fotografarli crea un po' di risentimento. Più avanti li troveremo accerchiati da una folla che gli urla "buffoni, fuori dai coglioni" fino a quando questi non decidono di uscire dal corteo, ma a quel punto l'atmosfera è già cambiata, e non per causa loro.
Siamo ancora fermi all'inizio di via Cavour e dal fondo si vede alzarsi del fumo nero. Qualcosa che brucia, non ci sono altre possibilità. Noi restiamo dove siamo ancora un po', poi arriva il camion del Valle e incominciamo ad avanzare. Verso il fondo di via Cavour troviamo un'auto coi vetri spaccati, poi un'altra bruciata, poi da twitter inziamo a capire che quello che vediamo non è niente. Le notizie che arrivano da davanti sono che un gruppo definito "di black block" ha assaltato una caserma ('avranno dimenticato le chiavi', scherza qualcuno) e le ha dato fuoco, che la caserma era abbandonata da anni in quel momento non lo sapevamo. Sempre da twitter veniamo a sapere che la polizia carica in modo pesante (lo so, non è una notizia) anche cercando di investire le persone con i blindati (http://youtu.be/KT9LFuhr36M), in almeno un caso ci riusciranno.
All'uscita da via Cavour ci sono un po' di persone che urlano che andare a S.Giovanni, è inutile, che bisogna andare a monetictorio, ben pochi gli danno retta, e comunque in quella direzione c'è un muro di polizia. Si continua sul percorso previsto ma solo per poco, poi non è più proponibile. A parte l'incendio in via Labicana c'è la polizia che impedisce l'accesso a piazza S.Giovanni e tenta di sgombrarla, "Non volevano che si installasse l'accampamento li, e ci stanno riuscendo" commenta un mio amico.
Il camion davanti a noi gira a destra, gira attorno al colosseo e va verso il circo massimo. Quelli dietro per quanto posso vedere ci seguono quasi tutti. Arrivati al circo massimo qualcuno dal camion ci ragguaglia un po' su quello che sta succendendo in piazza, o almeno su quello che ne sanno, ma non è molto. Cerco più dettagli da un  mio amico che so più avanti, ma i telefoni funzionano a tratti, il massimo che riesce a farmi arrivare è "non venite a S. Giovanni". Si capisce benissimo che di tutti quelli che siamo lì nessuno sa cosa fare. L'atmosfera è pesantissima, ci sentiamo tutti uno schifo, qualcuno propone di mettere l'accampamento al circo massimo, ma al momento è un cantiere, anche volendo è impossibile. Si decide di restare lì, aspettando che chi vuole e può si sganci da piazza San Giovanni e ci raggiunga, in modo da fornirgli l'appoggio di un gruppo che se non altro è abbastanza grosso da potersi sentire al sicuro da cariche. Passa una mezz'ora, molti arrivano, tra cui lo spezzone notav, e ripartiamo in direzione della stazione ostiense, allontandoci dal centro. Dagli altoparlanti ci dicono che ci muoviamo lentamente per permettere ad altri che stanno venendo via da S. Giovanni di raggiungerci, e che dobbiamo restare in gruppo per andarcene insieme dalla zona a rischio. (non so gli altri, ma io per tutto il giorno quando mi parlavano di rischio pensavo alla polizia, e non di presunti blac bloc). Non so se quando lo dicono lo pensino e si cambi idea solo dopo, oppure se sia una bugia, ma poi la fuga diventa qualcos'altro.
Imbocchiamo via Marco Polo, e poi altre di cui non ricordo il nome, c'è un sottopasso in cui ci si può 'contare' e vediamo che siamo tanti, molto più di quanti erano fermi al circo massimo, anche se molti meno che a inizio manifestazione. Sono le 6 passate, inizia a fare buio, e la strada gira, i romani iniziano a capire "stiamo andando a San Giovanni, solo per un altra strada". Ancora qualche centinaio di metri, poi la strada ritorna tra le case, non so cosa aspettarmi dalla gente che incontreremo, ma quasi subito vediamo gente che esce sui balconi ad applaudirci ed incitarci, anche nella zona più vicina a piazza San Giovanni, dove si avanza facendo lo slalom tra cassonetti dell'immondizia rovesciati e motorini bruciati. In quel momento era di nuovo festa, avevano cercato di tenerci lontani da piazza S.Giovanni, non c'erano riusciti, siamo passati ad accarezzare la fettuccia con cui la polizia aveva delimitato l'area, tanto per chiarire che non fare l'ultimo passo ed entrare nella piazza era una scelta nostra, perchè a quel punto non era più necessario nè utile farlo, e non una cosa che erano riusciti ad imporci, e poi abbiamo proseguito, ancora per più di un'ora, fino ad arrivare dallavanti alla "Sapienza", dove il corteo si è sciolto. Erano più o meno le 9 di sera, ed eravamo in marcia da prima delle due.
Questo quello che ho visto. In rete ovviamente si trovano tanti racconti, io un'idea di cos'è successo me la sono fatta qui http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=5599 Lo so, è un mare di roba, ma quello di sabato non era un corteo, erano tanti cortei che condividevano un luogo.
A questo punto ci vorrebbero delle conclusioni, forse, ma per ora non sono in grado di scriverne. Al momento il lascito più grosso che ho dalla giornata di sabato è una gran confusione, indicare una direzione in questa situazione non avrebbe senso. Tanto di sicuro il 15 ottobre riaffiorerà in mille altri discorsi, ci sarà il tempo di prendere posizione a mente più lucida.

12 ottobre 2011

Perchè la marmotta?

Per frenare l'onda anomala di gattini che sta invadendo il web, mi sembra ovvio. A parte le battute sceme, e anche la simpatia che mi ispira questo animaletto, ci sono almeno due motivi per cui la marmotta mi sembra un'icona adatta.
Il primo è che la marmotta è l'animale curioso per eccellenza, e la sua curiostià non è fine a se stessa. La marmotta si guarda attorno, e appena vede qualcosa che le sembra pericoloso fischia per avvertire le altre, il suo fischio è così forte che arriva a tane abbastanza lontane da poter dire che avverte marmotte che nella sua vita non incontrerà mai faccia a faccia. A me piacerebbe che questo blog facesse questo lavoro, dando magari qualche sfumatura in più del semplice allarme marmottesco.
Il secondo motivo non è specifico della marmotta, ma riguarda un po' tutti gli animali selvatici, ed è quell'aria incredula con cui, quando possono farlo senza rischi, osservano le attività umane. Guardandoli si capisce benissimo che novantanove volte su cento non si spiegano il perchè ci stiamo comportando così. Bè questa sensazione io la condivido. Spessissimo non mi spiego le cose vedo, anche per questo vorrei parlarne , per arrivare a capire, è un'altro degli scopi di questo blog.