22 dicembre 2011

Muretti di gomma

Penso che sia una nuovo (ma neanche più tanto) ruolo aziendale: il muretto di gomma. ovviamente anche nell'ufficio dove lavoro ce n'è uno. Gerarchicamente è un livello sopra a me, il che fa si che ogni richiesta (non necessariamente per il mio interesse, molto più spesso per il buon funzionamento dell'ufficio) debba passare da lui. E lui non dice praticamente mai di no, ma assolutamente mai si muove per far si che cambi qualcosa. La sua tattica preferita è ovviamente prendere tempo, e le tecniche che adotta più spesso sono due: il cavillare su dettagli irrilevati, e l'istituire un collegamento (del tutto inesistente nella realtà) tra la questione di cui si parla ed un qualche altro argomento, per poi arrivare a richiedere approfondimenti sul secondo. E così alla fine tutto si trova impantanato e tutto resta com'è.
Una curiosità, il mio personale muretto di gomma è politicamente schierato, e il suo partito è il PD. Non sorprende, vero?

14 dicembre 2011

Ad Evanston

L'altra sera, dopo lunga gestazione, ho finalmente messo online un racconto che si intitola "Ad Evanston" (che trovate qui), su questo racconto ho lavorato a lungo, avendolo iniziato quest'estate. Quando l'ho iniziato credevo di parlare di un futuro prossimo, ma in termini di qualche anno, dopo gli eventi degli ultimi giorni mi viene però un dubbio: siamo già ad Evanston?

12 dicembre 2011

Come si smonta la bestia?

Un post così non so da che parte cominciarlo, perchè un conto è sapere che la bestia si sta risvegliando, un'altro è vederla azzannare. E sabato sera a Torino ha azzannato duro (vedi qui).
M,a dato che la bestia è così pericolosa, per quanto ci ripugni, non ci si può permettere di non guardarla bene, di non studiarla in ogni dettaglio per capire come smontare il mostro che è stato costruito. Perchè l'odio razziale è stato costruito. Prima da governi, opposizioni e campagne di stampa, poi man mano che diventava più facile anche dall'uomo qualunque. Però questo è stato, adesso come ne usciamo? Perchè io faccio proprio fatica a cercare i capire come può ragionare (sempre che sia il termine giusto) una persona che va a una manifestazione come quella di sabato (sottolineo: che va a quella manifestazione, non solo chi ha materialmente dato fuoco al campo), anche se cerco di farlo (che già non è facile, preferirei andare a svuotare a mano un pozzo nero) non so da dove si comincia. Eppure si deve. Qualcuno ha idea di come?

P.S: A conferma di quel che ho scritto sopra, ho dovuto lottare per convincermi che l'etichetta giusta era 'inPiazza', in quanto manifestazione, qualcosa in me si rifiutava di accostare questo agli altri post in quella categoria. Cercavo un altro posto, invece, purtroppo, deve stare lì.

9 dicembre 2011

Adelante (con demasiado juicio)

Il movimento cui mi riferisco nel titolo è quello notav. Ho già scritto sull'argomento (in altra forma) in questo post, ora cerco di spiegare meglio una parte delle cose che mi hanno dato fastidio.
Sono stato all'assemblea che aveva deciso (credevo avesse deciso) tempi e modi delle manifestazioni del weekend dell'immacolata, avevo preso atto del fatto che per l'8 dicembre si era deciso di fare due manifestazioni e, nei giorni successivi, avevo deciso di partecipare a quella di Susa. Non per timore che in quella della val Clarea accadessero violenze, perchè la polizia come le attua lì le può attuare altrove, ma perchè da luglio ripeto che abbiamo ogni interesse di toglierci dall'angolo in cui loro vogliono giocare la partita, che visto che aspettano una nostra mossa facciamola dove è meglio per noi, non per loro. Per la prima volta vedo indetta una manifestazione che imbocca quella strada, sarei un ipocrita a non esserci. Ok, direte, ma dov'è il punto? Il punto è che sono uscito da quell'assemblea con la convinzione che la manifestazione di Susa si facesse per causare il massimo fastidio possibile alla Sitaf, ero uscito pensando di partecipare ad una manifestazione che doveva partire alla mattina alle 9, e verosimilmente essere in autostrada entro le 11, già un po' tardi per prendere la massa degli sciatori, ma pazienza.
Nelle due settimane dall'assemblea all'8 dicembre la manifestazione viene ritardata di un'ora, e già non mi piace, poi la partenza reale tarda di quasi un'altra ora, e quando si parte ci si muove con una lentezza eccessiva persino per un corteo, tanto che si impiegano 2 ore per percorrere meno di 3 km. Finalmente si arriva all'autostrada, ma invece di entrarci dal lato dell'uscita lo si fa da quello dell'ingresso, lasciando di fatto libero lo svincolo ,e riducendo di molto il fastidio creato. In più, una volta entrati, alle ormai poche auto che si trovano lì, non viene nemmeno imposto di uscire dall'autostrada, ma le si lascia proseguire per la loro strada. Insomma, a me è sembrato che si sia fatto di tutto per creare il minimo e non il massimo danno possibile alla Sitaf, quasi che si volesse dimostrare che l'unico punto in cui si riesce di fare qualcosa di reale sia la val Clarea.
Nella marcia del 23 ottobre, ad un certo punto, si è deciso di rinunciare almeno per quel giorno al tentativo di tagliare delle reti, ritenendo sufficiente aver violato la zona rossa e raggiunto la baita. Nell'assemblea di preparazione delle manifestazioni dell'8 è stato detto, a proposito del 23, che quel giorno si è dimostrato che con quella modalità di manifestazione più di tanto non si può fare, e che quindi per raggiungere qualche risultato se ne deve adottare una diversa. Ovviamente questo non è vero (che quel fatto dimostri quella teoria), ma ho il timore che alla prossima assemblea sentirò dire le stesse cose riguardo al portare la protesta lontano dalle reti.

Blues della confusione

Cose che non mi sono piaciute in un 8 dicembre a piedi in autostrada. Ce ne sono anche state di buone, ma quando qualcosa non va metterlo a posto subito e meglio.
Più avanti magari scrivero un post più ragionato, per ora mi viene da dirle così.

Blues della confusione
blues dell'indecisione
di non capire più
qual è la situazione

Blues del partir tardi
blues del passo lento
di arrivare quando ormai
non si è più un impedimento

Blues delle cose che ci si è prese
e di quelle concordate
blues del non capire più
come le si è avute

Blues dell'assemblea
blues del coordinamento
di decisioni cambiate chissà dove
che non ti lasciano contento

Blues di una televisione
blues dell'organizzazione
della coincidenza di tempi
tra fuochi artificiali e trasmissione

Blues di un falò stanco
vicino ad una barricata
blues di chi non è contento
di come ha speso la sua giornata

7 dicembre 2011

Bujanen

'Quelli che non si muovono'. E' il soprannome dei torinesi.
Il termine nasce con una connotazione positiva, nasce dalla battaglia dell'assietta del 19 luglio del 1747, in cui i piemontesi, in grande svantaggio numerico, rifiutarono di eseguire un ordine di ritirata, riuscendo poi per avere la meglio sui francesi. Non passa molto tempo però prima che il termine torni al suo significato letterale (pigro, indolente), e purtroppo si addice tremendamente bene al comportamento del torinese, non importa se di stirpe o acquisito. A primavera, mentre a Milano con Pisapia e a Napoli con DeMagistris almeno si tentava una correzione di rotta, abbiamo eletto sindaco al primo turno la prosecuzione (vogliamo dire l'ombra? avrebbe anche il phisique du role) di Chiamparino.
Torino è la città italiana con il più alto debito pubblico procapite (olte 4000 euro a testa), buona parte dei torinesi lo sa, ma sembra che non gli importi. Per tappare un po' il buco la giunta comunale ora ha deciso di vendere il 40% dell'azienda dei trasporti, di quella dei rifiuti e di quella che gestisce l'inceneritore (chi se ne frega se c'è stato un referendum in cui ha vinto chi non lo voleva), e ben pochi ci trovano da ridire. Magari a parole si, ma di fare qualcosa, fosse anche solo andare in piazza a protestare, non se ne parla.
Adesso è arrivata la prima mazzata dal governo Monti, così dura che persino CISL e UIL hanno aderito allo sciopero di lunedì, e a Torino alla manovra Monti si somma qualla Marchione, ci sarebbe di che essere tutti in piazza. Spero di essere smentito, ma temo non sarà così.